Notule
(A
cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 20 marzo 2021.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: BREVI
INFORMAZIONI]
Nuovo strumento per la valutazione quantitativa dell’ictus
ischemico: icobrain cva. Il problema delle tecniche correnti
per lo studio dell’ictus ischemico mediante analisi TC della perfusione è l’individuazione
del punto di entrata del contrasto iniettato nel cervello: icobrain cva
(Icometrix), una soluzione software completamente automatica, risolve
questo problema e fornisce una perfetta stima quantitativa della perfusione del
tessuto cerebrale dell’area colpita. Il programma è in grado di quantificare la
riduzione del flusso ematico cerebrale, misurare il volume della zona
potenzialmente infartuata e calcolare il tempo di transito. [BM&L-International
news, from NeuroNews 23 F., 2021].
Ridotto il numero di pazienti affetti da ictus oltre i 70 anni
in uno studio danese. Numerosi studi recenti hanno
riportato un incremento dell’ictus fra i giovani; uno studio realizzato in
Danimarca su un vasto campione basato sui registri della sanità nazionale, non
ha confermato questo aumento nelle fasce di età giovanili: 8.680 sono stati
colpiti in età compresa tra 18 e 49 anni e 105.240 in età superiore ai 50. Nel
periodo compreso tra il 2005 e il 2018 il tasso di incidenza dell’ictus per l’età
fino a 49 anni è rimasto stabile durante tutta la durata dello studio, mentre
dopo i 50 anni si è ridotto e, in particolare, si è registrata una riduzione
più rilevante dopo i 70 anni. Questo miglioramento è stato messo in relazione
con la drastica riduzione del fumo di sigaretta e il miglior trattamento di
ipertensione e fibrillazione atriale. [Cfr. Nils Skajaa et al. Neurology –
AOP doi: 10.1212/WNL.0000000000011636, 2021].
Il testosterone riduce la generosità attraverso meccanismi
che si comincia a scoprire. Il principale ormone steroide
sessuale maschile è noto per l’induzione di comportamenti aggressivi, oltre che
per la promozione di processi legati alla funzione riproduttiva. L’aumento
della tendenza egoistica e avara nelle scelte relative al possesso materiale e
simbolico era stato ipotizzato, ma solo ora trova una chiara dimostrazione in
uno studio che ha individuato meccanismi corticali e sottocorticali alla base
di questo effetto.
Livelli elevati di testosterone perturbano la rappresentazione del “valore
dell’altro” nell’attività locale e nella connettività funzionale della giunzione
temporoparietale e delle aree sottocorticali implicate nell’elaborazione
dell’effetto a ricompensa. Con alti tassi dell’ormone si riduce la
rappresentazione necessaria al sentimento empatico e si perde il piacere dell’altruismo,
secondo lo studio da Jianxin Ou e colleghi coordinati da Philippe N. Tobler (studio
accettato da Michal S. Gazzaniga, in qualità di membro della commissione
editoriale). [Cfr. Ou J. et al. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2021745118,
March 23, 2021].
Gli ultrasuoni presenti nell’ambiente possono causare effetti
rilevabili sull’encefalo umano. Le fonti di ultrasuoni (US) sono
numerose nella vita contemporanea, dai trasformatori elettrici a sensori di
movimento come i contapassi, e si è dato per scontato che fossero innocue
quanto le dosi sporadiche di US cui ci esponiamo per le ecografie. Ascone e
colleghi hanno istallato dei dispositivi emettitori di US (22.4 kHz) nelle
camere da letto di un gruppo di partecipanti allo studio e dei finti emettitori
nelle camere di un equivalente numero di volontari fungenti da gruppo di
controllo. L’esposizione è stata protratta per 28 giorni. Curiosamente, nel
gruppo di controllo, non esposto a nulla, si sono avute delle somatizzazioni (probabile
“effetto nocebo”); invece nei volontari esposti a US si è ridotta la
prestazione in un compito di flessibilità cognitiva, con molte risposte avventate.
Sono state poi rilevate riduzioni di materia grigia nei lobi frontali e
un lieve incremento nella corteccia cingolata anteriore e nel cervelletto. [Cfr. Ascone L. et al.
Sci Rep. – AOP doi: 10.1038/s41598-021-83527-z, 2021].
L’uomo di Neanderthal si sarebbe ammalato di COVID-19? La
risposta è affermativa. Addirittura un segmento di DNA (50
kilobasi) ereditato dagli uomini di Neanderthal e presente in circa il 50%
delle popolazioni dell’Asia meridionale e nel 16% degli europei costituisce un
fattore di aumentato rischio, come ha dimostrato uno studio genetico condotto
da Svante Paabo e Hugo Zeberg del Max Plank Institute for Evolutionary Anthropology
(Nature 587, 610-612, 2020; ne abbiamo già discusso). In particolare,
i ricercatori avevano identificato questo blocco di geni neandertaliani sul
cromosoma 3 associati all’insufficienza respiratoria grave nei pazienti
contagiati da SARS-CoV-2, e poi uno studio separato (COVID-19 Host
Genetics Initiative) su 3199 pazienti ospedalizzati per malattia da nuovo
coronavirus ha dimostrato che il possesso di quel segmento è associato a
manifestazioni cliniche gravi. La questione è di estrema attualità, perché gli
studi relativi all’impatto dell’eredità di Neanderthal sulla nostra salute
proseguono, in particolare con gli organoidi cerebrali. [BM&L-International
news, from NeuroNews 23 F., 2021].
Straordinarie acquisizioni con organoidi del cervello dell’uomo
di Neanderthal. I paleo-antropologi hanno
escluso per decenni una discendenza diretta della nostra specie dall’uomo di
Neanderthal, considerato invece un nostro progenitore dalla cultura popolare. Fino
al 2010 esistevano solo ipotesi e supposizioni di “ibridizzazioni” con Homo
sapiens, basate su dati che provavano la coesistenza spazio-temporale delle
due specie per un certo periodo. Il genetista svedese Svante Paabo, un pioniere
dei metodi di estrazione, sequenziamento e analisi del DNA arcaico ottenuto
dalle ossa neandertaliane, mappò l’intero genoma, consentendo in tal modo ad altri
ricercatori di avviare lo studio di confronto con il nostro DNA. L’analisi
comparata ha rivelato che in molte popolazioni odierne i segmenti di DNA
neandertaliano sono minimi e negli Africani non ci sono evidenze di tracce.
Ora, ricercatori dell’Università di San Diego hanno creato organoidi
cerebrali con cellule geneticamente modificate che contengono un gene appartenuto
all’uomo di Neanderthal e ad altri ominidi protoumani, ma assente nella nostra
specie. Anche se la ricerca è solo agli inizi, già si vedono differenze notevoli
su come si sviluppa l’organizzazione e la connessione sinaptica rispetto ai normali
organoidi di cervello umano. Alysson Muotri, direttore dello “Stem
Cell Program” dell’Università di San Diego, lavora da otto anni a questo
progetto ed ha fiducia che gli esperimenti possano gettare luce su qualcuno
degli elementi alla base della nostra “specificità umana”.
Il lavoro si basa su tre elementi di grande attualità sperimentale: 1) il
sequenziamento di DNA ottenuto da reperti paleontologici; 2) il metodo CRISPR (che
è valso il Nobel); 3) organoidi cerebrali derivati da cellule staminali indotte
allo sviluppo come cellule nervose.
Gli organoidi neandertalizzati, rispetto a quelli umani tipici, presentano
una forma differente, simile a quella del popcorn, ma soprattutto fanno
rilevare una marcata attività neuronica precoce che non si riscontra negli
organoidi cerebrali della nostra specie. Alcuni ricercatori sostengono che
questa precocità funzionale legata ai geni di Neanderthal si debba ricondurre
alla mancanza degli elementi temporali del piano di sviluppo della nostra
specie, che è caratterizzata dalla prematurazione specifica seguita da
un lungo e lento processo di differenziazione post-natale dell’encefalo.
Ma Muotri ritiene che siano pure speculazioni e spiega che si è verificato
qualcosa di simile negli organoidi di scimpanzé: il significato di questa attività
precoce si potrà comprendere solo attraverso un’analisi dettagliata dei
processi.
Finora sono stati trovati solo 61 geni codificanti proteine che distinguono
il DNA del Neanderthal da quello di Homo sapiens. I ricercatori hanno deciso
di focalizzare l’attenzione su NOVA1, un regolatore dei principali geni che controllano
la dinamica neuroevolutiva, e che è stato associato ad autismo e schizofrenia.
Dallo studio di questo gene è venuta una certezza: la nostra specificità umana
non deriva da una singola e speciale mutazione, ma si annuncia come un processo
realmente complesso. Intanto, si dovranno esaminare i ruoli degli altri 60
geni. [BM&L-International news, source: San Diego University, March, 2021].
Coronavirus: bollettino in attesa che la campagna vaccinale
riprenda e proceda spedita. Giovedì 18 circa 24.935 nuovi
contagi e 423 morti; venerdì 19 i nuovi casi sono stati 25.735, confermando il trend
in crescita, mentre i defunti registrati sono stati 386. Nello stesso giorno in
Campania con 1997 nuovi contagi, dopo i 2.507 di giovedì, si è registrato un
calo in controtendenza rispetto alla crescita sul piano nazionale; anche la Toscana
in controtendenza, da 1513 a 1365: difficile mettere in rapporto questi dati
con le condotte dei cittadini, per i motivi di cui si è discusso numerose volte
dallo scorso anno. Segue la tendenza nazionale in crescita il Piemonte, che
passa da 2.357 a 2.997, come il Lazio, che sale da 1.963 a 2.188.
La Lombardia, sempre al primo posto per numero di contagi e persone in “libera
uscita”, rimane quasi stabile, da 5.641 a 5.518, con numeri che vanno ben oltre
il doppio del Lazio (2.188) e sono spesso intorno al doppio di quelli del
Piemonte.
Ormai ripetiamo stancamente dallo scorso anno che l’indispensabile misura
del lockdown avrebbe salvato la vita a
migliaia di persone. Inizialmente qualcuno prevedeva di vaccinare entro marzo
un terzo della popolazione italiana (20.000) ed entro giugno la metà; poi,
prima ancora di sapere che non sarebbero state consegnate le dosi previste del
Vaccino Pfizer, si è cominciato a parlare di autunno del 2021 per raggiungere l’obiettivo
del 50% del paese. Poi è accaduto ciò che tutti sappiamo e si è continuato ad
adottare misure giustificabili solo se si fossero superati i dieci milioni di
vaccinati.
Col nuovo governo si è passati da una follia di colori delle regioni, che
mettevano nella stessa fascia la più colpita e quella quasi indenne, all’adozione
di criteri di buon senso ispirati ai numeri dell’incidenza epidemica. Ma non
basta: ancora masse di cittadini si spostano ogni giorno nelle città e creano
assembramenti; ancora troppi negazionisti fanno proseliti attraverso i media.
Intanto, si marcia rapidamente verso i 150.000 morti accertati da SARS-CoV-2.
Lodevolmente si è celebrata giovedì 18 la giornata in ricordo delle
vittime del coronavirus, ma perché si onori realmente la loro memoria e questo
non rimanga un semplice rito mediatico – peraltro intempestivo, in quanto si
continua a morire e si continuerà a lungo – bisogna che si adottino tutte le
misure che indichiamo dallo scorso anno per arrestare questa terribile
ecatombe.
Notule
BM&L-20 marzo 2021
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